Medicina del Respiro
Asma Bronchiale

Asma Bronchiale: Quando Praticare le Prove Allergometriche nel Bambino e nell’Adulto

In questo articolo, pubblichiamo il testo integrale del video creato dal Dott. Enrico Ballor e pubblicato sul canale YouTube ufficiale di Medicina del Respiro dedicato al tema ASMA E PROVE ALLERGOMETRICHE (Quando Praticarle).

Introduzione

Pensate di essere allergici ma non sapete qual è il momento migliore per praticare le prove allergometriche?

Bene, cerchiamo di rispondere insieme a questa domanda smontando certe false convinzioni.

In questo video vedremo insieme, tra le altre cose:

  • Aspetti Diagnostici da Considerare
  • Test Allergometrici e Impostazione della Terapia
  • Test Allergologici “in Vivo”
  • Test Allergologici “in Vitro” (in Provetta)
  • Quando Praticare le Prove Allergometriche?

con l’aiuto del Dott. Enrico Ballor, Pneumologo a Torino.

ASMA E PROVE ALLERGOMETRICHE (Quando Praticarle)

Partiamo dal video ASMA E PROVE ALLERGOMETRICHE (Quando Praticarle) per chi se lo fosse perso.

Trascrizione

Pensate di essere allergici ma non sapete qual è il momento migliore per praticare le prove allergometriche?

Bene, cerchiamo di rispondere insieme a questa domanda smontando certe false convinzioni.

L’asma bronchiale è una malattia respiratoria che, proprio anche a causa dell’inquinamento crescente delle nostre città, ha assunto un’importanza enorme, sia per quanto riguarda la patologia del bambino, sia per quanto riguarda la patologia dell’adulto, ed è diventata, di fatto, una delle malattie più facilmente riscontrabili nella popolazione.

L’esposizione allo smog dei soggetti che vivono nelle città, e alle sostanze chimiche irritanti le vie aeree presenti dell’aria, ha facilitato la sensibilizzazione agli allergeni nei soggetti geneticamente predisposti, i cosiddetti pazienti “atopici”, e ha provocato, nel tempo, un incremento progressivo di bimbi e adulti bronco reattivi, cioè asmatici.

Questo fatto ha reso indispensabile una sempre più precisa identificazione degli allergeni che sono alla base delle malattie allergiche delle vie aeree e delle pollinosi, cioè le malattie allergiche provocate dai pollini delle piante, proprio per impostare delle terapie dell’asma che siano rese sempre più efficaci non solo dalla corretta somministrazione di farmaci broncodilatatori e antiallergici, ma prima di tutto dalla possibilità di eliminare l’esposizione degli asmatici allergici agli allergeni, una volta che questi allergeni siano stati individuati.

Ci sono quindi degli aspetti diagnostici, nei soggetti asmatici che presentino una sensibilizzazione allergica, che vanno conosciuti bene e che non possono essere ignorati.

Vediamo allora quali sono.

Aspetti Diagnostici da Considerare

L’asma bronchiale che si sospetti essere di natura allergica, necessita di una serie di indagini diagnostiche allergologiche che possano confermare o escludere la responsabilità di uno o più allergeni come causa di malattia, d’accordo?

Lo pneumologo sente il racconto che il paziente fa dei suoi disturbi, quella che si chiama “anamnesi”, visita il suo paziente, pratica una spirometria, cioè un semplice esame non invasivo della funzionalità respiratoria, e una volta accertato che si tratti di asma, ipotizzando che quest’asma possa essere di natura allergica, lo invia dall’allergologo per praticare le cosiddette prove allergometriche, prove allergometriche che servono a identificare quali allergeni siano responsabili delle crisi asmatiche del paziente, d’accordo? tutto qui.

Test Allergometrici e Impostazione della Terapia

In realtà il risultato di questi test allergometrici sarà poi, come dicevo prima, fondamentale per impostare correttamente la terapia, terapia che potrebbe anche risultare insufficiente o poco efficace nel gestire l’asma, anche se correttamente impostata da un punto di vista farmacologico, se non vengono attivate le misure preventive di profilassi ambientale che consentono di eliminare il contatto tra il paziente e gli allergeni responsabili delle crisi respiratorie! D’accordo? Bene!

Teniamo presente che, test allergometrici a parte, è più facile che lo pneumologo si orienti su di una possibile natura allergica delle crisi asmatiche se il paziente, prima di tutto un bambino, ha almeno un famigliare di primo grado allergico, cioè un genitore o un fratello allergico, o se ha presentato da piccolo una dermatite atopica, OK? Bene!

Quando si parla genericamente di “prove allergometriche”… o di “prove allergologiche”… di “test allergologici”, ci si riferisce comunque sempre a una serie di esami proposti dall’allergologo, che sono utili a stabilire se quel particolare paziente asmatico è allergico ad una sostanza che ne sostiene il disturbo, e a questo proposito esistono due grandi gruppi di esami diagnostici allergologici e cioè, i cosiddetti test in “vivo”… e i test “in vitro”…

Test Allergologici “in Vivo”

Vediamo allora in cosa consistono questi due diversi tipi di test allergometrici.

Partiamo dai test allergologici “in vivo”: per l’asmatico il test in vivo corrisponde sostanzialmente al test praticabile sulla cute attraverso una punturina della pelle praticata con una piccola punta metallica in corrispondenza di una piccola goccia di allergene applicato prima, è il cosiddetto PRICK TEST o TEST CUTANEO.

Il PRICK TEST sfrutta la capacità della cute di dar luogo a un rilascio di istamina in corrispondenza della zona che si è punta,, questo naturalmente quando il paziente è allergico alla sostanza che stiamo testando, cioè, come si dice, quando il paziente è sensibilizzato all’allergene testato, pollini, acari, muffe ambientali, derivati di allergeni animali, peli e forfore dei nostri animali domestici, e in questo caso si produce sulla pelle un cosiddetto “pompo”, che consiste in un rigonfiamento arrossato e pruriginoso, ben visibile all’allergologo che pratica il test, e che può essere misurato nel suo diametro in modo da correlarlo con l’intensità della risposta allergica, cioè tanto più grande è il diametro del pomfo e tanto più il paziente è allergico alla sostanza testata! D’accordo?

Attenzione però che il risultato del test non è assoluto, cioè, la positività del test non significa automaticamente che proprio quell’allergene sia responsabile dei sintomi dichiarati dal paziente, OK?

Ma tutto va poi ancora correlato dallo pneumologo con quanto riferito dal paziente a proposito di tempi, di intensità e di modalità di comparsa dei sintomi e delle crisi respiratorie asmatiche! D’accordo?

Cioè, facciamo un esempio.

Sospetto che il paziente sia allergico alle graminacee, magari perché ha delle crisi asmatiche in primavera, marzo – aprile, trovo che il paziente reagisce con un pomfo in corrispondenza della goccia dell’ambrosia, pianta che rilascia il polline all’incirca da fine giugno a tutto agosto, non posso concludere che di quelle crisi asmatiche primaverili sia responsabile l’ambrosia solo perché le prove allergometriche dicono che quel paziente è allergico all’ambrosia, in quanto il polline dell’ambrosia in quel periodo non c’è, e se il paziente non ha crisi d’asma nei mesi di giugno – agosto non è certo l’ambrosia la responsabile dell’asma del mio paziente! D’accordo?

Ecco perchè dico che i dati dei test vanno poi sempre assolutamente correlati con quelli biologici e ambientali prima di fare una diagnosi!

Dato che, come dico sempre, l’asma non è una malattia della pelle, ma è una malattia dei bronchi! OK? Possono trovare pazienti con sensibilizzazioni allergiche della cute che non correlano con le dinamiche della loro asma, d’accordo?

E posso trovare pazienti con sintomi asmatici bronchiali sicuramente allergici, nei quali però manca una risposta cutanea positiva al test allergometrico

Test Allergologici “in Vitro” (in Provetta)

Passiamo a questo punto ai cosiddetti test allergologici “in vitro”, i test allergometrici “in vitro” consistono in prove allergologiche che si praticano attraverso un prelievo di sangue.

I test in vitro, cioè in provetta, misurano la quantità di anticorpi specifici dell’allergia, i cosiddetti anticorpi IgE, che vengono prodotti dall’organismo della persona allergica contro una determinata sostanza sensibilizzante, si parla qui di PRIST IgE totali, cioè la quantità totale di tutti gli anticorpi dell’allergia presi insieme, e di RAST IgE specifiche anti-allergeni inalanti e allergeni alimentari, che invece sono in grado di rilevare proprio la specifica sostanza alla quale sono allergico, OK?

Tipo di polline delle diverse piante, tipo di forfora o di pelo di animale, tipo di muffa, tipo di acaro della polvere, eccetera.

Proprio perchè l’incontro tra l’anticorpo di tipo “IgE” presente nel sangue del paziente e il relativo allergene specifico introdotto dal paziente nell’organismo, è responsabile delle manifestazioni allergiche, intendo delle crisi respiratorie asmatiche o dei sintomi gastrointestinali da allergia alimentare che sia, la presenza, nel sangue del paziente, di elevate quantità di un anticorpo diretto contro uno specifico allergene, individuato proprio grazie al test in vitro, conferma che proprio quell’allergene sia poi anche responsabile dei sintomi asmatici presentati dal paziente, d’accordo?

Senza mai dimenticarsi, anche qui come già detto prima a proposito dei test in vivo, di correlare sempre il dato di laboratorio con l’epoca e le modalità di compara delle crisi asmatiche!

D’accordo? Bene.

Quando Praticare le Prove Allergometriche?

Altro punto importante, Uno dei dubbi maggiori che spesso hanno i pazienti è relativo alla scelta del “quando praticare le prove allergometriche”, d’accordo?

Cioè quando è meglio sottoporsi ai vari test, in vivo o in vitro, e qui dirò subito che questo dipende da quale tipo di esame allergologico si sceglie, e si! perché per quanto riguarda i test “in vitro”, ad esempio .. non esiste praticamente una limitazione relativa al periodo più opportuno per sottoporsi all’esame, in quanto il tipo di risposta che l’esame è in grado di fornire è indipendente dalla terapia seguita dal paziente nel momento in cui decide si praticare il test, OK? …

Mentre ben diversa è, invece, la situazione nel caso dei test “in vivo”. Perché?

Perché dato che i test in vivo si basano sulla possibilità di dimostrare il rilascio di istamina nella cute, nel caso in cui sia presente una sensibilizzazione allergica, tutti i farmaci che inibiscono questo rilascio, e tra questi ci sono prima di tutto gli antistaminici e i cortisonici, rischiano di rendere falsamente negativo un PRICK TEST cutaneo che, se praticato dopo aver sospeso questi farmaci, potrebbe invece dimostrarsi positivo! D’accordo?

Ecco perché i test in vivo vanno fatti sempre dopo aver sospeso da almeno 1 settimana questi farmaci, ma a questo punto il problema è un altro, e cioè, data la necessità di sospendere antistaminici e cortisonici prima di fare l’esame, se ci troviamo nel periodo in cui ci sono i pollini che supponiamo essere la fonte della nostra asma allergica o della nostra rinite allergica.

Beh, scegliere di fare le prove allergometriche in vivo proprio in quel periodo rischia di far precipitare i sintomi per il fatto di dover sospendere i farmaci che controllano le crisi allergiche, specie l’ostruzione del naso in chi soffre di raffreddore allergico che spesso accompagna l’asma, d’accordo?

Quindi, proprio per questo motivo, per consentire al paziente di non privarsi dei vantaggi farmacologici raggiunti proprio grazie ai farmaci, e senza rischiare dei falsi negativi al PRICK TEST, sarebbe più opportuno praticare le prove in vivo sempre al di fuori del periodo in cui siano presenti i sintomi.

Bisogna poi tenere conto del fatto che fino a dopo i 4-5 anni di età, la cute del bambino difficilmente risulta già sensibilizzata agli allergeni, intendo anche a quelli ai quali il bambino potrebbe essere realmente allergico, e quindi se si pratica il test “in vivo”, il PRICK TEST, prima di questo periodo, si può rischiare di trovare, anche in bimbi allergici, una falsa negatività al test, che poi diventa penalizzante in quanto rende poi più difficile impostare correttamente il problema, d’accordo?

Quindi è meglio non praticare test in vivo troppo presto nei bimbi piccoli, dato che la risposta al test allergometrico dipende strettamente dal tipo di allergene che si cerca, ma purtroppo non tutti gli allergeni sono disponibili nei kit dei test predisposti dalla diagnostica standard, questo perché i potenziali allergeni in natura sono migliaia, mentre quelli più comuni disponibili in commercio sono solo poche decine! d’accordo?

Per questo motivo esistono delle situazioni nelle quali il comportamento clinico dell’asma orienta lo specialista pneumologo verso una natura allergica praticamente certa dell’asma, pur anche in assenza di una sicura dimostrabilità diagnostica dell’allergene responsabile, ad esempio nel caso di un paziente allergico al polline di una pianta non così comune da giustificare la spesa industriale per allestire il test, d’accordo?

Ecco perché, torno a ricordare, che la negatività dei test allergometrici praticati potrebbe anche, in qualche caso, non escludere in senso assoluto la natura allergica del problema asmatico, ed è proprio in questi casi che l’esperienza clinica dello pneumologo e dell’allergologo aiuterà comunque a trovare una soluzione, gestendo il problema asmatico “clinicamente” allergico nel modo migliore, siamo d’accordo? Bene!

Finisco ricordando ancora che, se i punti di cui ho parlato prima devono rappresentare per il paziente un importante momento scientifico informativo, ma nulla di più, OK? Cioè devono aumentare la conoscenza del paziente per capire meglio la sua asma ma non possono conferirgli capacità diagnostiche specie in un campo così complesso anche per gli specialisti, la scelta ultima relativa al test allergometrico più opportuno da praticare per giungere alla diagnosi, “in vivo” o in vitro”, va sempre fatta dallo pneumologo e dall’allergologo che collabora con lo pneumologo, ma non certo dal paziente! Paziente al quale consiglierei sempre di fidarsi dei consigli di chi saprà consigliarlo al meglio, avendo una ben maggiore esperienza della malattia asmatica allergica rispetto alla sua.

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